La riforma del reato di concussione: novità e critiche.
La riforma del reato di concussione: novità e critiche.
La Legge 6 Novembre 2012 n.190 contenente "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13.11.2012 ed è entrata in vigore il successivo 28 Novembre.
Tale normativa ha attuato il c.d. "Spacchettamento” della concussione, operando la scissione del previgente art.317 c.p. e contestuale introduzione del nuovo art.319 quater c.p. .
L’attuale art. 317 c.p. punisce "il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità”, prevedendo una pena maggiore nel minimo (da 6 a 12 anni di reclusione) rispetto a quella precedente che prevedeva una pena da 4 a 12 anni di reclusione.
La condotta di induzione, invece, è confluita nell’art.319 quater, I co. c.p., il quale sanziona con la pena della reclusione da 3 a 8 anni, "il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo denaro o altra utilità”.
Elementi di assoluta novità presenti nelle due nuove disposizioni sono innanzitutto la scomparsa, nell’attuale ipotesi di concussione, del riferimento all’incaricato di un pubblico servizio quale possibile soggetto attivo del reato, e la previsione, nella nuova ipotesi di induzione, della punibilità anche dell’indotto, il quale da persona offesa diventa coautore della fattispecie criminosa.
Inoltre, due problematiche fondamentali sono derivate da tali novità legislative.
La prima riguarda i rapporti tra la norma precedente e le due disposizioni introdotte: sul punto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 12228 del 24.10.2013, ha statuito che nessuna decriminalizzazione si è verificata in seguito alla riforma e che perciò le due nuove fattispecie si pongono in rapporto di continuità con la pregressa, per cui le condotte induttive per le quali era stato ritenuto applicabile il delitto di cui all’art. 317 c.p. resterebbero ancora punibili ai sensi dell’art. 319 quater c.p.
La seconda questione riguarda il criterio distintivo fra la concussione e l’indebita induzione : a tal proposito la Suprema Corte a Sezioni Unite ha stabilito che caratteristica principale del nuovo reato di concussione è l’abuso costrittivo del pubblico ufficiale esercitato mediante violenza o minaccia di un danno contra ius. Da tale condotta deriverebbe una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale senza ricevere alcun vantaggio indebito per sé, sarebbe posto di fronte all’alternativa di subire il male prospettato oppure evitarlo attraverso la dazione o promessa dell’indebito.
Il nuovo reato di indebita induzione, invece, è caratterizzato dall’abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ossia da una condotta di persuasione, suggestione o pressione morale, tali da lasciare al destinatario maggiori margini decisionali.
Costui però finisce comunque per prestare acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale.
La dottrina sul punto si è chiesta se chi prima era vittima può ritenersi oggi un correo, asserendo che tramite la nuova legge il legislatore avrebbe costruito una "invenzione” correttiva di una prassi distorta (quella di utilizzare i complici come vittime per renderli testi d’accusa). Si può ritenere che ci sia reato per l’inducente ex art. 319 quater solo se anche l’indotto non è vittima, perché ha tenuto un comportamento che meriterebbe la pena del correo. E, comunque, se non c’è un correo-indotto non c’è neppure il "fatto principale” che lo produce e che è un tutt’uno con questo fatto-reato nuovo ed autonomo, a meno che ricorrano corruzione, truffa o altro delitto in concorso.
In definitiva se il correo indotto non viene quindi "creato” dall’autore principale del fatto, perché correo concretamente non è, non c’è neppure la fattispecie di "induzione indebita” per chi l’ha istigato.
Discutibile per la dottrina anche il criterio distintivo adottato dalle SS.UU. tra le due figure, che sarebbe incentrato sulla presenza di una minaccia che nell’induzione non potrebbe esserci, mentre ci sarebbero persuasione, suggestione, allusione, silenzio, inganno. Esse, peraltro, sono solo alcune delle modalità induttive, non sono l’”induzione”. Si vuole invece espungere dall’induzione ogni forma più prevaricatrice che contiene una minaccia implicita e indiretta, riducendo la "nuova induzione” alle sole forme d’istigazioni-preaccordo. Ciò, però, finisce con il rendere il giudice-interprete un manipolatore di fattispecie.
Sul versante opposto, infine, si allarga totalmente il concetto di costrizione per far aderire ad esso quasi ogni tipologia di condizionamento induttivo con forza prevaricatrice che possa dipendere dalla sola qualifica: va pur ammesso che non è vero che ogni soggetto che vuole soprattutto evitare un danno sia anche "costretto” dal p.u. inducente ma andrebbe comunque sindacato il livello di (in)esigibilità della pretesa dell’ordinamento che il privato reagisca alla richiesta, per decidere se essa sia "resistibile”, sì da fare solo in questo caso del privato un correo da responsabilizzare. La possibilità di una concussione implicita in rerum natura, irriducibile all’alternativa secca attuale costretto/correo indotto lascia dunque interdetti.
Pertanto la prospettiva pseudo-oggettivizzante delle SS.UU. maschererebbe, per alcuni autori, una soluzione di tipicità subiettiva più complessa, per celare l’esistenza di esiti non predeterminabili ex ante, che contribuiscono a palesare un aumento di incertezza applicativa e di discontinuità col passato.
Dott.ssa De Canio Rosanna
Articolo scritto da: Dott.ssa De Canio Rosanna il 15/11/2014