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Particolare tenuità del fatto e guida in stato di ebbrezza

Particolare tenuità del fatto e guida in stato di ebbrezza

La non punibilità per particolare tenuità del fatto e la guida in stato di ebbrezza: la perdurante indecisione della Cassazione sulla compatibilità dei due istituti. 

NONOSTANTE LE SEZIONI UNITE ABBIANO RITENUTO SUSSISTENTE LA COMPATIBILITÀ TRA LA CAUSA DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ E IL REATO DI GUIDA IN STATO DI EBBREZZA, NON VI È ANCORA UN ORIENTAMENTO UNIFORME SUL PUNTO.

1. Il reato di guida in stato di ebbrezza.

L’art. 186, comma 2,c.d.s. vieta la guida in stato di ebbrezza, prevedendo diverse soglie di punibilità in base al tasso alcolemico accertato:
a) tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l e non superiore a 0,8 g/l, si commette un illecito amministrativo punito con il pagamento di una somma da 543 euro a 2.170 euro, a cui consegue l’irrogazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da 3 a 6 mesi;
b)tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l ma non superiore a 1,5 g/l, si commette il reato di guida in stato di ebbrezza, punito con l’ammenda da 800 a 3.200 euro e l’arresto fino a 6 mesi, oltre che con la sospensione della patente da 6 mesi ad 1 anno;
c)tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, si commette il reato di guida in stato di ebbrezza, punito con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro e l’arresto da 6 mesi ad 1 anno, oltre che con la sospensione della patente di guida da 1 a 2 anni e la revoca nel caso di recidiva nel biennio.


2. L’art. 131 bis c.p.: la tenuità del fatto esclude la punibilità.

L’esiguo disvalore del fatto costituente reato, l’attuazione dei principi generali di proporzione, sussidiarietà, offensività ed economia processuale, giustificano la rinuncia da parte dell’ordinamento alla punizione dell’autore del reato.
Sulla scorta di tali principi il D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 ha introdotto l’art. 131 bis c.p., che prevede nel caso di particolare tenuità del fatto,l’esclusione della punibilità. 
Si rammenta che l’istituto prevede l’esclusione della punibilità e non della responsabilità, in quanto la sua applicazione presuppone sempre e in ogni caso l’accertamento del fatto costituente reato. 
Nell’intento di definire con precisione il raggio d’azione dell’art. 131 bis c.p., il legislatore ha previsto dei rigorosi limiti edittali ed elementi, in assenza dei quali non potrà trovare applicazione.
Quanto ai limiti edittali, il comma 1 prevede l’applicazione dell’istituto solo a quelle fattispecie di reato(senza distinzione di tipologia) punite con la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva.
Per la determinazione della pena nel caso di reati circostanziati, il comma 4 è chiaro: non si tiene conto delle circostanze, salvo che si tratti di circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale (in quest’ultimo caso non si considereràil giudizio di bilanciamento). Inoltre, l’istituto si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante (come nel caso di delitti contro il patrimonio o che lo offendono e di delitti determinati da motivi di lucro).
La rispondenza ai limiti di pena, si badi, non è sufficiente ad escludere la punibilità, essendo richiesta dalla disposizione legislativa la sussistenza congiunta di ulteriori requisiti e cioè:
- le modalità della condotta 
- l’esiguità del danno o del pericolo
Valutati tali elementi sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133, comma 1, c.p. a cui fare riferimento per desumere la gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato e intensità del dolo o grado della colpa) il giudice è chiamato a verificare se l’offesa possa essere considerata particolarmente tenue e se il comportamento non sia abituale.
Ancora una volta il legislatore, al comma 2, ha fornito al giudice degli strumenti per determinare se sussiste o meno la tenuità dell’offesa. L’offesanon è tenue se l’autore ha agito per motivi futili o abietti, con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie ovvero ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona, la tenuità è esclusa. 
La tenuità dell’offesa è, altresì, esclusa quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a 2 anni e 6 mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero nei casi di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.), quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, e nell'ipotesi di oltraggio a un magistrato in udienza (art. 343 c.p.).
Anche in merito all’abitualità del comportamento, l’art. 131 bis, comma 3, c.p.stabilisce gli elementi che la denotano: l'autore deve esser stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero deve aver commesso più reati della stessa indole (ovviamente accertati con sentenza definitiva), anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
La causa di esclusione di punibilità si applica anche nel caso di delitto tentato, quando sia desumibile che se il reato fosse giunto a compimento avrebbe in ogni caso determinato una minima rilevanza del danno. 
In merito ai profili strettamente processuali, la declatoria di non punibilità può essere pronunciata sia con decreto di archiviazione (prima dell’esercizio dell’azione penale) sia con sentenza di non doversi procedere (prima del dibattimento) e sia con sentenza di assoluzione (all’esito del dibattimento).

3. Rassegna giurisprudenziale sull’applicazione o meno dell’art. 131 bis c.p. al reato di guida in stato di ebbrezza. 

Fatte le premesse di cui sopra, per comprendere se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto sia applicabile o meno al reato di guida in stato di ebbrezza è bene riportare e analizzare brevemente gli orientamenti giurisprudenziali di legittimità che sin dall’introduzione dell’art. 131 bis c.p. (nel 2015) si sono susseguiti nel corso degli anni:

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 44132/2015
Il ricorrente presentava ricorso avverso la pronuncia di appello che confermava quella del giudice di primo grado che lo condannava per il reato in guida in stato di ebrezza di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), c.d.s., con l’aggravante di aver commesso il fatto nelle ore notturne, chiedendo alla Suprema Corte l’applicazione della normativa relativa alla particolare tenuità del fatto. 
Gli Ermellini evidenziavano in prima battuta che i principi di sussidiarietà e di offensività della tutela penale che hanno ispirato il legislatore nel prevedere più soglie di punibilità sono gli stessi che hanno ispirato l’istituto della particolare tenuità: questo indurrebbe ad affermare l’esistenza di una relazione di incompatibilità.
Ma, in secondo luogo, partendo dalla collocazione dell’art. 131 bis c.p. nella parte generale del codice penale e quindi dall’intento del legislatore di garantire la sua applicazione a qualsiasi fattispecie di reato, affermavano l’applicabilità della causa di non punibilità al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), c.d.s.
La Corte proseguiva giungendo ad ulteriore conclusione: «la previsione di soglie, quale ne sia la funzione all'interno della o rispetto alla fattispecie tipica, non è incompatibile con il giudizio di particolare tenuità del fatto perché in ogni caso la soglia svolge le proprie funzioni sul piano della selezione categoriale mentre la particolare tenuità conduce ad un vaglio tra le epifanie nella dimensione effettuale, secondo il paradigma della sussidiarietà in concreto».
Per tali ragioni, annullava la sentenza impugnata, limitatamente alla applicabilità dell'art. 131 bis c.p., rinviando per nuovo esame.

Cassazione penale, Sez. U., sentenza n. 13681/2016
Il ricorso giungeva alla Sezioni Unite su rimessione della Quarta Sezione penale per risolvere la questione relativa alla compatibilità dell’art. 131 bis c.p. con i reati di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e c) c.d.s.
Nell’ordinanza di rimessione la Quarta Sezione evidenziava che il legislatore avendo già distinto le fattispecie di cui all’art. 186 c.d.s. in base ad una valutazione di maggiore o minore pericolosità a seconda del tasso alcolemico, il giudice applicando l’art. 131 bis c.p. si sarebbe sostituito al legislatore, «non disponendo di altri parametri cui ancorare il giudizio di tenuità; ed essendo irrilevanti le modalità della condotta di guida, che ben possono variare da caso a caso»; la Sezione proseguiva asserendo che «in relazione ai beni protetti, non è possibile ipotizzare una gradualità dell'offesa, atteso che lo stesso legislatore ha previsto circostanze aggravanti connesse a contingenze di particolare allarme e maggiore pericolo per la sicurezza: la guida in ora notturna e la causazione di incidente stradale» e dunque concludeva ritenendo che il legislatore avesse «già implicitamente escluso la possibilità di attribuire connotazioni di particolare tenuità ai reati di cui si discute».
Le Sezioni Unite riprendevano, innanzitutto, quanto già espresso positivamente nella sentenza Longoni (Cass. pen., Sez. IV, sentenza n. 44132/2015), e chiarivano sin da subito che «il giudice che ritiene tenue una condotta collocata attorno all'entità minima del fatto conforme al tipo, contrariamente a quanto ritenuto dall'ordinanza di rimessione, non si sostituisce al legislatore, ma anzi ne recepisce fedelmente la valutazione».
La Corte, analizzando la fattispecie di reato, affermava che il reato di guida in stato di ebbrezza è un reato di pericolo presunto, per il quale non è richiesta nessuna indagine sulla concreta pericolosità in relazione al bene giuridico tutelato e rientra nella categoria di illeciti connotati dal superamento di valori soglia ritenuti tipicamente pericolosi e che si è comunque dinnanzi ad illeciti «che presentano un forte legame con l’archetipo della pericolosità e garantiscono, anzi, il rispetto del principio di tassatività, assicurando la definitiva conformazione della fattispecie alla stregua di accreditate informazioni scientifiche e di razionale ponderazione degli interessi in gioco». Pertanto, una volta «accertata la situazione pericolosa tipica e dunque l’offesa, resta pur sempre spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della ponderazione in ordine alla gravità dell'illecito, quale sia lo sfondo fattuale nel quale la condotta si inscrive e quale sia, in conseguenza, il concreto possibile impatto pregiudizievole rispetto al bene tutelato». 
Pertanto,«il doveroso apprezzamento in ordine alla gravità dell’illecito connesso all’applicazione dell’art. 131-bis consente ed anzi impone di considerare se il fatto illecito abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso con riguardo ai beni indicati».
In conclusione,con la sentenza in esame le Sezioni Unite affermavano che l’art. 131 bis c.p. trova applicazione indistinta per qualsiasi fattispecie di reato e quindi anche per il reato di guida in stato di ebbrezza.

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 54018/2018
Nel caso di specie il ricorrente impugnava una sentenza di appello confermativa di una pronuncia che lo condannava per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) c.d.s, (per aver guidato in guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico di poco superiore alla soglia di 1,5 g/l, con l’aggravante di aver commesso il fatto nelle ore notturne) sollevando come vizio di motivazione la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p., giustificata dal giudice di merito sulla base del valore del tasso alcolemico riscontrato molto al di sopra dei valori di soglia minimi.
La Corte, anzitutto, precisava che per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. è necessario accertare che il fatto di reato non abbia generato un contesto particolarmente pericoloso con riguardo ai beni indicati e, successivamente, motivava la sua decisione affermando che il giudice di seconde cure avesse mal interpretato quanto espresso in Cass. Sez. U., sentenza n. 13681/2016 e avesse parametrato erroneamente i valori del tasso alcolemico ai minimi assoluti anziché al valore minimo dell’autonoma ipotesi di cui alla lett. c) e quindi annullava la decisione impugnata limitatamente al diniego di cui all'art. 131 bis c.p., rinviando per un nuovo giudizio sul punto.

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 5009/2019
Il Procuratore della Repubblica ricorreva per cassazione avverso la sentenza di primo grado che aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e 2 sexies, c.d.s. per essersi posto alla guida di un veicolo in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico 0,82 g/l) durante le ore notturne ritenendo la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.
Il ricorrente deduceva la violazione di legge, assumendo che il giudice avesse ritenuto il fatto di particolare tenuità valutando esclusivamente il valore del tasso alcolemico, senza considerare gli altri indicatori che connotano la particolarità tenuità (modalità della condotta, esiguità del pericolo o del danno e il grado di colpevolezza). 
La Corte dopo un primo richiamo a Cass. pen., Sez. U., sentenza n. 13681/2016, 
affermava che «la natura di reati autonomi delle diverse fattispecie dell'art. 186, co. 2 lett. b) e c) Cod. str., delimitate 'internamente' in virtù del grado alcolemico, implica che il giudizio di particolare tenuità va espresso considerando l'escursione di gravità interna alla singola fattispecie e non la complessiva scala di gravità definita dagli illeciti descritti da quelle disposizioni (e da quella di cui alla lettera a)» e, altresì, riteneva che il giudice di prime cure avesse «posto nel nulla la previsione normativa che, attraverso il richiamo alle modalità della condotta e alla esiguità del danno o del pericolo richiede che venga valutata la complessiva gravità dell'illecito e non una sua componente»
Per tali ragioni dichiarava la fondatezza del ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11655/2021
Il ricorrente avanzava ricorso avverso la pronuncia di appello confermativa di quella di prime cure che lo condannava per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) c.d.s., aggravato dall’aver provocato un incidente stradale, invocando con il primo motivo l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.
La Corte, riprendendo l’orientamento di cui Cass. pen., Sez. U., sentenza n. 13681/2016e considerando la risalenza nel tempo di un precedente di modesta entità, l’assenza di danni alle persone conseguenti alla condotta di guida, la prossimità del tasso alcolemico alla soglia di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), c.d.s. e la non abitualità della condotta, annullava senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non punibile per particolare tenuità. 

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 11699/2021
La Corte di Cassazione veniva chiamata ad esprimersi sul ricorso avverso una pronuncia della Corte di appello che riformando parzialmente quella di primo grado, riconosceva l’imputato responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lett. c) c.d.s.
Il ricorrente deduceva con un solo motivo la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.
Gli Ermellini dichiaravano inammissibile il ricorso evidenziando e valorizzando la presenza di tre elementi che, se valutati complessivamente, sarebbero ostativi all’applicazione della causa di esclusione della punibilità: l’elevato tasso alcoolico; le modalità della condotta, di notte, con fuoriuscita del mezzo dalla sede stradale; l’entità del pericolo provocato agli utenti della strada. 

3. Conclusioni. 

Sulla scorta di quanto su evidenziato, è indubbio che gli orientamenti giurisprudenziali siano ancora divergenti a distanza ormai di sei anni dall’entrata in vigore dell’art. 131 bis c.p., un istituto che non punisce l’autore del reato se il fatto commesso è di modesta tenuità, ma che comunque, si badi, presuppone sempre l’accertamento della responsabilità. 
L’intento del legislatore di non confinare l’applicazione di siffatta causa di esclusione della punibilità solo a determinate tipologie di reato, dovrebbe condurre i giudici a pronunciarsi uniformemente sulla compatibilità dell’istituto anche con il reato di guida in stato di ebrezza, non essendo normativamente prevista alcuna preclusione.
Peraltro, l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. ai reati di cui all’art. 186 c.p. avrebbe dei risvolti pratici che gioverebbero al sistema giustizia, in quanto verrebbe agevolata la fuoriuscita dal circuito penale di tutte quelle condotte marginali, di ridotto disvalore, che lo Stato rinuncia a punire; l’affermazione definitiva della loro compatibilità comporterebbe quindi la concreta e corretta applicazione del principio di economia processuale, determinando altresì un alleggerimento del carico giudiziario. 

Dott.ssa Rosmina Nanna (praticante avvocato) 

Articolo scritto da: dott.ssa Rosmina Nanna il 03/04/2021
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