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Diritto alla strategia difensiva.

Diritto alla strategia difensiva.

Diritto di difesa e riqualificazione del fatto ad opera del Giudice : una sentenza di merito valorizza il ruolo strategico del difensore.
 
Il tema della qualificazione giuridica del fatto contestato all’imputato è una materia sempre foriera di discussioni e di pronunce giurisprudenziali contrastate.
La imputazione cosi detta “fluttuante” può essere generatrice  di pregiudizi per la difesa e di conseguenza per l’imputato che ha diritto ad un processo “equo”.
La legislazione, comunitaria e nazionale, pone dei precisi limiti al potere del Giudice di modificare la imputazione in corso d’opera, tuttavia la Giurisprudenza tende a delimitare la portata di questi principi ampliando di fatto le possibilità di mutazione della originaria  imputazione.
Modificando la qualificazione giuridica del fatto contestato si modifica il titolo di reato imputato alla persona sottoposta a processo e,  questo inequivocabilmente  rappresenta un cambiamento di prospettiva nella ottica difensiva.
In tale maniera si lede il diritto di difesa dell’imputato nella misura in cui non si consente di attuare il diritto al contraddittorio sul fatto esattamente qualificato come reato dal Giudice, ma non contestato all’imputato nell’editto accusatorio.
E’ evidente infatti che il difensore predispone tutta la strategia difensiva tenendo presente che il reato contestato al suo assistito è X, se invece il Giudice  ritiene che il fatto sia qualificabile come Y , il difensore potrà ritenere di non aver potuto dispiegare tutte le strategie difensive, in termini di richieste processuali e richieste probatorie necessarie per un corretto esercizio delle sue prerogative.
Di conseguenza l’imputato subirà una condanna per un fatto qualificato in maniera diversa rispetto alla originaria imputazione.
Appare scontato che tale evento rappresenta un vulnus per il diritto di difesa.
Eppure la Giurisprudenza della Cassazione si è assestata su una posizione che ammette la mutazione della qualificazione giuridica operata dal Giudice del dibattimento purchè il “fatto”, inteso come “fatto storico”, sia quello oggetto della imputazione, ossia non via sia stata alcuna “immutazione” dello stesso, e l’imputato abbia avuto la possibilità di difendersi, ossia di “interloquire sulla diversa qualificazione giuridica proposta”.
La posizione della Suprema Corte è chiara ma tuttavia genera degli interrogativi soprattutto con riguardo alla esatta interpretazione del diritto di difesa.
Ma procediamo con ordine.
Il capisaldo normativo è l’art. 6  par. 3 let. A) della CEDU che recita :
“ Ogni accusato ha diritto soprattutto a :
- Essere informato, nel più breve tempo, in una lingua che comprende ed in maniera dettagliata, del contenuto dell’accusa elevata contro di lui”.
Poi l’art. 111 della Costituzione afferma, poi, che la persona deve essere informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico.
Il nostro codice, poi all’art. 429 lett. c) prevede  che il capo di imputazione contenga : “l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possano comportare l’applicazione delle misure di sicurezza con la indicazione dei relativi articoli di legge” .
Tuttavia l’art. 521 c.p.p. consente al Giudice di dare una qualificazione  giuridica  diversa del fatto contestato nel capo di imputazione purchè non si tratti di fatto diverso e nuovo rispetto a quello contestato nel capo di imputazione.

Il problema però per il difensore è che nel capo di imputazione sono menzionati anche i relativi articoli di legge. Sicchè se viene contestato il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, l’imputato si difende da tale delitto apprestando tutte le guarentigie difensive del caso.
 Se, invece, il Giudice del dibattimento riterrà che quel fatto costituisce una ipotesi di favoreggiamento e non di concorso esterno la difesa potrà ritenere di aver avuto la possibilità di  mettere in campo tutte le richieste processuali, probatorie e tutte le argomentazioni appropriate per contrastare  la ipotesi delittuosa ritenuta dal Giudicante  a seguito del processo ?
Una impostazione garantista del fenomeno ci induce ad affermare di no, in quanto , per la varietà di percorsi definitori che il rito penale propone a PM e e difensore ( giudizio immediato, rinvio a giudizio, e giudizio abbreviato, definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. ) è importante che le parti, e soprattutto l’imputato, sappia sin dall’origine quale è esattamente l’accusa mossa nei suoi confronti.

Tuttavia la Cassazione, di recente ha espresso un diverso orientamento.
Infatti, la sez. I della Suprema Corte, con sentenza n. 9091 depositata l’8.3.2010 ha stabilito che :
“La garanzia del contradditorio in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto operata dal Giudice è assicurata pur quando l’imputato abbia comunque avuto modo di interloquire sul tema in una delle fasi del procedimento, ed in particolare anche nella ipotesi in cui al diversa qualificazione giuridica abbia formato oggetto nel corso del procedimento incidentale de libertate”.
La fattispecie concreta riguardava la derubricazione del reato, ad opera del Giudice di appello, dalla fattispecie di associazione di tipo mafioso in quella di favoreggiamento aggravato; tale ultima qualificazione giuridica, in precedenza, era stata prospettata dal p.m. nel ricorso per Cassazione proposto avverso la decisione del Tribunale del riesame che aveva annullato la misura cautelare applicata per il reato associativo; inoltre, in una memoria presentata dalla difesa nel corso del giudizio di merito, erano state richiamate decisioni del tribunale del riesame che avevano qualificato analoghe condotte come favoreggiamento 
 Non sembra un pronuncia ispirata al rispetto dei principi generali in tema di effettività della contestazione.
La Corte ha coniugato il potere del giudice di modificare la qualificazione giuridica del fatto con il diritto dell’imputato di interloquire sulla modifica della qualificazione giuridica, asserendo che è sufficiente che quest’ultimo abbia avuto la possibilità di interloquire sul punto, sebbene incidentalmente, nel processo de libertate.
E’ facile obiettare che quella non è una occasione di effettivo contradditorio delle parti sul punto nevralgico della contestazione accusatoria, ma è la sede ove si dibatte della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento alla contestazione oggetto della ordinanza cautelare.
Né può sostenersi che una ipotesi di accusa sarebbe stata prospettata dallo stesso difensore: tale affermazione è in aperto contrasto con il ruolo e le funzioni della difesa, cui deve essere garantito il diritto di contrastare l’accusa con ogni argomentazione retorica  anche suggestiva, ma mai dagli argomenti e dagli scritti del difensore può desumersi la sussistenza di ipotesi accusatorie diverse da quelle contestate ufficialmente  dal PM.

Altra sentenza, questa volta di merito, che si segnala in materia è quella emessa dalla Cote di appello di Bari  a seguito di appello presentato dalla difesa dell’imputato avverso una sentenza di primo grado che aveva riconosciuto nel fatto contestato non una ipotesi di furto ( quel contestato dal PM nel decreto di citazione a giudizio) bensì di ricettazione.
“ osserva la Corte che l’appello è fondato e va accolto per quanto di ragione. Appare esatta la prima censura mossa alla sentenza di primo grado, laddove ha riqualificato il fatto di cui al capo a) nel reato più – non contestato – di ricettazione . Invero se nel caso di derubricazione della ricettazione in furto è per opinione prevalente  in giurisprudenza insussistente la violazione di cui all’art. 521 c.p.p. in quanto entrambe le fattispecie contemplano l’adprhensio illecita, pur se con modalità di condotta differenti, nel caso opposto invece la riqualificazione del furto come ricettazione, in assenza di formale  nuova contestazione all’imputato, la modificazione dell’imputazione appare più critica, non solo per le conseguenze sanzionatorie e di regime penale più gravi del reato di ricettazione rispetto a quello di furto, ma anche per la diversità strutturale della contestazione”.
(CAPP Bari sez. III penale app. Nettis 29.11.2012).
Un passaggio importante della  predetta sentenza è il seguente  :
“ nella contestazione del furto si descrive l’azione dell’impossessamento aut vi aut fraude del bene, mentre nella ricettazione l’azione consiste nella mera ricezione del bene di provenienza delittuosa. Vi è una diversità sostanziale tra le due ipotesi, che si traduce necessariamente anche in diversità di scelte e strategie difensive dell’imputato, il quale deve essere posto in grado di difendersi dalla nuova accusa che gli deriva dall’aggravamento  dell’imputazione in ricettazione. Dall’altro lato  è questa la funzione essenziale di  garanzia del diritto di difesa assolta dal disposto i cui all’articolo  521 c.p.p. e quindi ogni mutamento che menomi il diritto di difesa dell’imputato, come appunto la riqualificazione compiuta inaudita altera parte, rende nulla la sentenza pronunciata”.’
La CEDU ha ripetutamente affermato che il diritto di un imputato ad avere un giusto processo comprende anche la qualificazione giuridica dei fatti contestati ( Caso Drassich, nel quale la CEDU ha condannato l’Italia per la mancata possibilità offerta all’imputato di interloquire sulla modifica della qualificazione giuridica deliberata dai Giudici di legittimità. CEDU 11/12/2007 ).
La cassazione sez. VI  12 novembre 2008 n. 45807 ha affermato che la regola di sistema espressa dalla Corte Europea era conforme al principio statuito dall’art. 111 Cost. con la conseguenza che l’art. 521 c.p.p. deve sussistere assicurando all’imputato la garanzia del contraddittorio anche in relazione alla qualificazione giuridica del fatto.
A parere della Corte di Cassazione il rispetto di tali regole sussiste quando, comunque, l’imputato ha avuto modo di interloquire sulla diversa qualificazione giuridica data al fatto.
Deve comunque ribadirsi come ha affermato Corte di Appello Bari che quando vi è diversità sostanziale tra due ipotesi di reato vi è anche “diversità di scelte e strategie  difensive dell’imputato”.
Concetto quest’ultimo  di grande apertura garantista . L’imputato deve sapere “effettivamente  “ quale è” la accusa a suo carico e quale la qualificazione giuridica del fatto, ergo la norma penale che il suo comportamento avrebbe violato.
E’ compito del PM contestare fatto e norma violate in maniera precisa e puntuale.
E’ prerogativa della difesa apprestare la sua opera in riferimento a quel fatto che non può mutare nel corso del dibattimento se non a determinate condizioni, e non può essere riqualificato dal Giudicante se non a determinate, ineludibili, condizioni.
  Avv. Filippo Castellaneta  

Articolo scritto da: avv Filippo Castellaneta il 05/07/2013
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